mercoledì 16 luglio 2014

Alice in chains ( ovvero : le torture nella casa di Alice)

Da ieri si può trovare in rete e su diversi quotidiani la notizia , con video terrificante, di ennesime torture perpetrate ai danni di giovani soggetti affetti da autismo.
 Ancora una volta ci si trova davanti all'evidenza che molti (troppi) centri siano inadatti alla gestione di persone con certe peculiarità. Ovviamente non riguarda solo l'autismo, il problema può presentarsi ovunque ci sia il bisogno di gestire persone *deboli* (bambini, anziani, persone con problemi psichiatrici).

 Nella mia mente si affacciano diverse considerazioni : a partire dalla necessità di controlli più stretti e supervisioni più accurate, il bisogno fondamentale di permettere l'accesso a queste strutture solo a lavoratori realmente motivati e di gestire lo stress sia dei pazienti che degli educatori, sempre tenendo presente che MAI atti di prevaricazione fisica o psicologica possono essere accettati e giustificati.

 Mi trovo, d'altra parte, nello schieramento opposto, ovvero in quello dei genitori che affidano un figlio autistico nelle mani di operatori esterni alla famiglia. Innegabile che queste notizie mettano i brividi e riempiano di dubbi, pur essendo consci che( nel lungo percorso) saranno più numerose le persone responsabili, empatiche, affettuose.
 Penso allora sia assolutamente necessario creare una vera cultura del diverso. Sarebbe forse troppo facile concentrarmi sull'autismo (che pervade non solo mio figlio ma, di riflesso, anche tutti noi che lo amiamo). Cosa significa *cultura del diverso*? Anzitutto accettazione, non nel senso compassionevole del termine, semmai nell'accezione più umana. Rendersi conto che ogni essere umano è diverso e ha ugualmente diritto di essere trattato con il massimo rispetto. Sembra banale, evidentemente non lo è.
 Creare una cultura del diverso significa comprensione profonda di chi non è come noi, non ragiona come noi, non parla come noi. Per quanto possa sembrare troppo new age, fricchetone, zen, io credo fermamente nell'amore che pervade ogni cosa molto più dell 'autismo o qualunque altro disturbo psichiatrico/psicologico/appartenenza di genere/ età o razza.
 E l'amore si può insegnare e, con buona volontà, lo si può anche imparare.

venerdì 4 maggio 2012

Neurotipico a chi?!

Chi, per il gioco del caso, si trova ad affrontare disturbi legati alla neurodiversità, e tuttavia ha la fortuna di gestirne le forme meno invalidanti, può facilmente capire come questa neurodiversità riesca a essere anche affascinante (molto spesso mi ritrovo a pensare a *come* vede e sente il mondo Michele. In che modo percepisce gli stimoli? Come li decodifica? ). Se si riesce a guardare dentro l'abisso della mente stando appena in superficie, coi tentacoli del mostro che ti sfiorano appena, senza farti affondare. Entrare in quest'ottica rende evidente la labilità del confine tra "normale" e "diverso" . O almeno dovrebbe. Ma cosa capita quando il mostro non si trova in fondo all'abisso ma fuori? Quando i tentacoli sono la società ignorante e spaventata dalla diversità? Eppure ognuno di noi è a modo proprio un neurodiverso, che deve per necessità omologarsi per stare dentro "il flusso". Se ti discosti sei fuori, sei un malato. Un anno fa mi sono trovata nella lacerante condizione di prendere atto del fatto che mio figlio fosse un neurodiverso. Ho dovuto compiere un doloroso percorso di elaborazione per capire che il favore più grande che potessi fargli,l'aiuto più importante, è essere orgogliosa di come è. Aiutarlo certo nelle difficoltà, ma capirlo profondamente. Fino a capire che, nella società odierna, personalmente trovo che essere neurodiversi non sia l'insulto,ma semmai lo è la "normalità". Ecco perchè a un anno di distanza,parlando di me stessa, non posso che dire : "neurotipico a chi?!"

giovedì 19 gennaio 2012

Shadow boxing

Stasera ennesimo incontro con l'assistente sociale. So che sarebbe opportuno chiamarlo *round* , ma voglio mantenere almeno una facciata di diplomazia.
Sono profondamente incazzata con le istituzioni, il continuo scaricabarile per cui la responsabilità non è mai propria,o del proprio ufficio. "Hanno tagliato i fondi" è diventato il loro mantra.

Il risultato - ovvio - è che Michele non ha ancora sostegno scolastico, nè una educatrice specializzata ( in entrambi i casi è un suo diritto averli ). Fremo di rabbia,io e le splendide maestre che se ne occupano. Penso al tempo perso, al recupero che potrebbe avere in un ambiente strutturato e sociale come la scuola. Opportunità che scivolano come la sabbia dalle mani.


È davvero come combattere la propria ombra, una lotta continua contro il disturbo e chi non fa nulla per aiutarti. Come recuperare gocce d'acqua da un pozzo asciutto, quando ti accorgi che non puoi fare nulla,passi oltre. E allora scavalchi. Dal dirigente scolastico passi al rettorato. Se l'assistente sociale resta immobile proviamo col sindaco. E così via,con un carico di stress enorme. E senza grandi risultati.

Intanto infilo i guantoni. Non getterò la spugna facilmente.

sabato 24 dicembre 2011

auguri a tutti

Momenti di preparativi, pacchetti, alberi, fiocchi. Michele osserva,è entusiasta.
Anche se non parla reagisce come i fratelli alla festa.
Qualche volta mi chiedo quale sacrificio sia per lui sopportare i rumori,le luci,la caciara,ma non sembra disturbato da questo,anzi. Guarda,osserva e sorride.
Il suo disturbo è di tipo passivo,significa che non è infastidito dahli altri,solo che raramente prende l'iniziativa negli scambi sociali (anche se le maestre mi hanno informata che durante.i prepartivi per i canti e le recitine, dopo un iniziale distacco, è stato proprio lui a voler partecipare :D ).
Non è facile capire chi non parla, bisogna usare altri canali comunicativi, captare gli sguardi e le espressioni.

Oggi sarò breve.
Michele non parla,ma se lo facesse si unirebbe ai miei auguri :)

BUON NATALE!

giovedì 22 dicembre 2011

disturbo pervasivo dello sviluppo

...Che nome eh? fa venire in mente...cosa? una piovra? una pianta rampicante? ecco si! edera. tanti rametti che ti avviluppano e tante foglie che ti nascondono.

qualcosa che pervade in toto il tuo essere.

ok,ora lo visualizzo,ma cosa è? I medici non sanno spiegarlo,ne conoscono gli effetti ma non le cause,sanno qual è l'incidenza ma non possono prevederne l'evolversi.
Non si deve pensare all'autismo in modo cinematografico (cosa diamine hanno in mente gli sceneggiatori? quale morbo prende la loro mente quando scrivono certi soggetti?)

E' vero che *alcuni* autistici sono ecolalici,ma non tutti. Un'alta percentuale semplicemente non imparerà mai a usare la parola (e in ogni caso non per comunicare).

Alcuni sono fortemente legati alla routine,altri sono più malleabili.
La maggior parte ha difficoltà ad astrarre pensieri (l'assenza di gioco simbolico è un sintomo tipico), ma non vale per tutti.

Quasi tutti hanno difficoltà nei rapporti interpersonali.

E' anche vero che diversi autistici hanno "isole di genialità", la maggior parte però presenta un ritardo da moderato a grave che impedisce lo svolgersi delle attività quotidiane.

Significa che son scemi? NO! significa che le normali attività sono tarate da persone con cervelli differenti e che se tu fossi l'unico genio tra 6 miliardi di idioti, la vita ti sembrerebbe comunque più complicata.

La cosa assurda è che la maggior parte si impegna con enorme fatica per allinearsi a una popolazione che sarebbe da disprezzare per un buon 80%

La verità più ovvia è che se ogni neurotipico è """normale""" a modo suo,lo stesso vale per i neurodiversi, si può solo stilare una lista di manifestazioni del disturbo e vedere in che modo una persona ci rientra.

venerdì 2 dicembre 2011

il mio bimbo alla finestra


Michele è nato in una bella giornata di dicembre,dopo una gravidanza normale e a termine,con un parto relativamente semplice. Un batuffolo di 3470 gr,paffuto e roseo,calmo e dolce. Calmo per lungo tempo, tanto che a tre anni ancora non parlava,ma abbiamo fortemente sperato che con l’inizio della scuola si sarebbe finalmente sbloccato.

Una delle attività più frequenti e consone nei genitori è sognare. Lo fanno tutti,indistintamente, non fatevi intortare dalle minchiate di chi dice “no no, nella vita farà quel che vorrà”. Si sogna, vedi il tuo paffuto pargolo mescolare puree di verdure imbrattando il seggiolone e già lo immagini chef di un grande ristorante. Se apre un libro di favole prima dei 12 mesi già pensi al nobel che sicuramente gli verrà assegnato. È normale, in fin dei conti ripaga in piccola parte dei sacrifici,le notti insonni,le preoccupazioni.

Esiste però una piccola percentuale di genitori (e nella quale mi trovo anche io) che ha dovuto tirare il freno ai sogni. È il momento in cui guardi il tuo paffuto pargolo e passi dal pensare “cosa farà?” a pensare “che fine farà?”.
Ho tre figli,noto di loro solo le personali peculiarità, eppure due sono neurotipici e uno è neurodiverso. “neurodiverso” significa che il suo cervello non rispetta i canoni tipici della maggior parte della popolazione.

Michele è affetto da disturbo pervasivo dello sviluppo di tipo autistico. È curioso come una delle frasi che spesso i medici fanno seguire alla diagnosi sia “il suo bambino è lo stesso che ha portato prima della diagnosi” ,rigurgito di comprensione forse, perchè loro lo sanno che dopo aver letto quel foglio nulla sarà più come prima. Sanno che quella parola ti rimbomberà in testa per lungo tempo (“autismo” “autismo” “autismo”) assieme a tante altre terribili (“ritardo” “disturbo cronico incurabile” “non autonomia”). Da quel momento la vita finisce in una centrifuga fatta di visite,battaglie,terapie,spiegazioni.

Questo blog vuole essere uno sfogo, un percorso per far valere i suoi diritti,gioire dei suoi progressi, far conoscere il disturbo, un modo per aprire quella finestra da cui lui osserva curioso il mondo.